RECUPERO STRAGIUDIZIALE DEL CREDITO AL TEMPO DEL PROCESSO LUMACA

Newsletter del 3 Luglio 2019.

Uff… che fatica la vita del creditore!

E’ diventato sempre più difficile incassare. I ritardi nei pagamenti non solo fanno mancare la liquidità necessaria, ma fanno lievitare anche i costi finanziari
per le aziende.

Noi di Cheope lo sappiamo bene visto che ci occupiamo di Credit Risk Management dal lontano 1988.
In Italia la puntualità non appartiene al mondo dei pagamenti. Solo il 35% delle imprese rispetta i tempi concordati a fronte di Paesi come Polonia (79,3 %), Paesi Bassi (73,8%) e Germania (67,1%). Ma anche Slovenia, Irlanda e Belgio hanno statistiche migliori e di tutto rispetto.

I dati sul sistema dei pagamenti tra le imprese hanno evidenziato, nel primo trimestre dell’anno in corso, un aumento del 6% dei ritardi cosiddetti “gravi”
(superiori a 30 giorni).
Se fosse disponibile una App per geolocalizzare i propri clienti, questa ci suggerirebbe di lavorare con il Nord Est, dove tra Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige ed Emilia-Romagna, solo il 7,1% aziende sfora il tetto dei 30 giorni di ritardo nei pagamenti (fonte Sole24Ore).
Nel resto dell’Italia il ritardo superiore ai 30 giorni è cresciuto di un punto (11.4%) rispetto all’anno precedente.

Il processo civile corre veloce come…. una lumaca!

Parliamoci chiaro: il credito lo si tutela solo assicurando al creditore una risposta immediata.
Invece per la Giustizia Civile italiana le esigenze delle imprese e dei professionisti non rappresentano una priorità, visto che il Processo Civile continua avere tempi biblici di risposta alle esigenze dei cittadini e delle imprese.

Infatti a livello di lunghezza del processo, l’Italia è nelle posizioni di testa della classifica dei Paesi Europei.
Meglio solo di Grecia e Bosnia-Erzegovina (su un campione di 45 paesi).

La differenza con gli altri Paesi è imbarazzante se si guarda alla durata media del processo in Italia: 233 giorni in Primo Grado (in Italia è più del doppio), 244
giorni in Appello (in Italia è più del quadruplo) e 238 in Cassazione (e qui siamo al quintuplo).

La tutela del credito esercitata attraverso il Processo Civile è lunga, a volte costosa e sicuramente incerta.
Una volta ottenuto un Decreto Ingiuntivo, non è detto che il creditore possa effettivamente recuperare il suo credito, se risulta che il debitore è nullatenente.

In Inghilterra per recuperare un credito ci si impiega meno di 1 anno.

Il decreto-crescita e il bilancio sociale: una misura poco efficace

Il Decreto-Legge n.34/2019 (c.d. Decreto Crescita) ha stabilito che
“Nel bilancio sociale le società danno evidenza dei tempi medi di pagamento delle transazioni effettuate nell'anno individuando altresì gli eventuali ritardi medi tra i termini pattuiti e quelli effettivamente praticati e delle politiche commerciali adottare con riferimento alle suddette transazioni, nonchè delle
eventuali azioni poste in essere in relazione ai termini di pagamento”.

Al momento questa misura è risultata a dire il vero poco efficace. La pubblicità dei tempi medi di pagamento inserita nel bilancio sociale non costituisce, però, un incisivo strumento di contrasto nei ritardi dei pagamenti, che continuano a essere una delle principali cause di difficoltà finanziaria per le imprese italiane.

Nel primo trimestre del 2019 abbiamo assistito ad un progressivo scivolamento delle abitudini di pagamento verso scenari sempre più preoccupanti: il 6% in più rispetto all’anno precedente per i ritardi oltre 30 giorni, il 2,5% in più per quelli contenuti entro il mese.

Fonte: unicredit.it

IL RISCHIO DI CONTAGIO SULLE ALTRE ESPOSIZIONI BANCARIE
Il rischio della classificazione in default è l’effetto domino che questo riconoscimento potrebbe avere sulle altre esposizioni dell’impresa nei confronti della banca.

Se l’impresa dovesse essere classificata in default su una singola esposizione infatti, in automatico lo sarebbero tutte le tue altre esposizioni nei confronti dello stesso intermediario finanziario.

IL DIVIETO DI COMPENSARE GLI IMPORTI SCADUTI
Rispetto al passato non sarà più consentito al cliente della banca di compensare gli importi scaduti con le linee di credito aperte e non utilizzate (c.d. margini non disponibili).

In questo caso il debitore dovrebbe farsi parte attiva utilizzando il margine disponibile per far fronte al pagamento dello scaduto.

LE CONSEGUENZE DELLO STATO DI DEFAULT
La classificazione come credito deteriorato di una singola esposizione, comporta l’automatico default di tutte le esposizioni dell’impresa nei confronti della stessa banca ad eccezione di quelle classificate “al dettaglio”.

In questo caso la banca può decidere di applicare la definizione di default a livello di singola linea di credito.

LO SCONFINAMENTO E’ POSSIBILE MA NON OBBLIGATORIO
Queste nuove regole non vietano che si possano consentire sconfinamenti.

Le banche nel rispetto delle proprie policy interne, possono consentire ai clienti di sconfinare oltre la disponibilità presente sul conto, ovvero in caso di affidamento, oltre il limite di fido. La possibilità di sconfinamento non è un diritto del cliente, ma una facoltà concessa dalla banca che può anche applicare commissioni (la c.d. CIV commissione di istruttoria veloce).

L’USCITA DALLO STATO DI DEFAULT
Secondo la nuova disciplina l’uscita dallo stato di default può avvenire trascorsi almeno 3 mesi dal momento in cui non sussistono più le condizioni per tale classificazione.

Durante questo periodo, la banca valuta il comportamento del cliente e la sua situazione finanziaria.
Trascorsi i tre mesi, può riclassificare il cliente in uno stato di non default qualora ritenga che il miglioramento della qualità creditizia di quest’ultimo sia effettivo e permanente.

Rimane in vigore la regola per cui in assenza di arretrati rilevanti, da oltre 90 giorni, la banca è tenuta a classificare la posizione in default, quando sulla base delle informazioni in suo possesso, ritenga improbabile il recupero del proprio credito senza far valere eventuali garanzie (come ad esempio la fideiussione) oppure nel caso in cui l’impresa non sia in grado di adempiere correttamente alle proprie obbligazioni.

LA SEGNALAZIONE ALLA CENTRALE RISCHI
E’ importante sottolineare che la nuova disciplina non modifica nella sostanza i criteri di segnalazione alla Centrale dei Rischi.

MONITORARE LA LIQUIDITA’ AZIENDALE E I CREDITI COMMERCIALI VERSO I PROPRI CLIENTI diventa ancora più importante: la nuova normativa esordisce in un momento difficile a livello sociale ed economico e l’augurio è che gli istituti bancari adottino processi per analizzare quali sono i reali default e le posizioni degne di essere segnalate.


Nell’attuale fase storica Cheope Risk Management supporta la gestione del ciclo attivo del credito attraverso il supporto operativo qualificato e dedicato a incassare con rapidità ed efficacia i crediti scaduti e in scadenza.


Contattaci per conoscere il nostro metodo di gestione e recupero dei crediti in fase stragiudiziale e legale: info@cheope.it

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